Andrea Canevaro, a un anno dalla morte

In questi giorni, ad un anno dalla sua scomparsa, il “Comitato per l’Integrazione Scolastica” ricorda il Prof. Andrea Canevaro (19 settembre 1939 -26 maggio 2023), redattore della rivista Handicap & Scuola con cui ha collaborato fin dai suoi primi esordi fino pochi mesi dalla sua scomparsa.

Professore emerito dell’Università di Bologna e studioso di prestigio internazionale,] fin dagli anni settanta del XX secolo è impegnato sul fronte dell’inclusione sociale, con particolare attenzione ed interesse nell’ambito della disabilità e dell’handicap. È ritenuto il padre della pedagogia speciale in Italia, disciplina che lui stesso ha contribuito ad implementare e diffondere nel Paese. Il suo attivismo nei settori sopra segnalati e i grandi contributi dati con le sue ricerche e studi hanno fatto di lui una figura di riferimento riconosciuta a livello internazionale nel campo della pedagogia speciale e della disabilità.

Lo ricordiamo anche con questa intervista fatta a Raffaele Iosa proprio all’indomani della sua morte.

Perché “Handicap & Scuola”?

Ai nostri lettori

Abbiamo deciso  di non cambiare il nome originario della rivista “Handicap & scuola” per una scelta legata alla tradizione storica del “Comitato per l’integrazione scolastica” che da quasi quarant’anni si muove per la salvaguardia e difesa dei diritti per integrazione e l’inclusione scolastica sul territorio torinese.
Siamo assolutamente consapevoli che la parola “Handicap” può essere fuorviante di primo impatto poiché appartiene ad una visione passata e quindi slegata ai principi di inclusione che invece cerchiamo di portare costantemente avanti attraverso le azioni e la redazione della rivista.

Assunzioni di docenti specializzati per il sostegno: approvato un decreto legge

Nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri del 6 aprile scorso è stato approvato un decreto legge che contiene anche una misura in materia di assunzioni di docenti.
Per l’anno scolastico 2023/2024, è prevista una procedura straordinaria di reclutamento per i docenti, inseriti nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze o negli appositi elenchi aggiuntivi, che sono in possesso del titolo di specializzazione sul sostegno.

Inclusione: questioni urgenti, anzi urgentissime

di Evelina Chiocca

Sono molte le questioni importanti e inderogabili da affrontare subito, alle quali necessita dare risposta urgente.

📌APPLICAZIONE DEL NUOVO PEI: quando? Il nuovo modello e la nuova normativa a chi devono essere applicati?
Le scuole sono partite in quarta, forse forti di una indicazione generica, e per nulla precisa, dello stesso ministero (Nota 15760/2022).
La questione di fondo è che tutti si sono dimenticati che:
– le disposizioni di cui all’art. 5 (documentazione sanitaria: accertamento condizione di disabilità e profilo di funzionamento),
– le disposizioni di cui all’art. 6 (progetto individuale: raccordo con il PEI),
– le disposizioni di cui all’art. 7 (piano educativo individualizzato),
– le disposizioni di cui all’art. 10 (modalità richiesta ore sostegno)
si applicano esclusivamente agli alunni con disabilità nel passaggio di grado di istruzione (d.lgs. 66/2017, art. 19 comma 7-bis).

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Alain Goussot: lo ricordiamo a 7 anni dalla sua morte

Il “Comitato per l’Integrazione scolastica” di Torino ricorda oggi il prof. Alain Goussot (1 giugno 1955-26 marzo 2016) grande pedagogista di fama internazionale, nonché  filosofo e storico.

Alain Goussot

Professore Associato di pedagogia speciale all’università di Bologna presso la sede distaccata di Cesena, ha tenuto corsi di didattica e pedagogia speciale, formando generazioni di maestri e docenti specializzati di sostegno, oltre che di operatori sociali ed educatori.

Lo vogliamo ricordare con una sua importante considerazione sulla didattica inclusiva:

“La didattica inclusiva deve essere concepita come un dispositivo pedagogico che integra e rende complementare l’attività dell’insegnante curriculare e quella dell’insegnante specializzato di sostegno.
Questo è un operatore della mediazione pedagogica che con l’insegnante curriculare crea delle situazioni di apprendimento che favoriscono l’accesso di tutti, ciascuno a seconda delle proprie caratteristiche, i propri bisogni, le proprie capacità.

Il gruppo classe è lo spazio transazionale che deve facilitare l’espressione delle potenzialità di tutti e rispettare i tempi, stili e modalità di apprendimento di ciascuno.
Le tecniche di mediazione pedagogica costruiscono delle situazioni tramite la gestione della dinamica stessa della classe ma anche attivano situazioni individualizzate che si articolano in modo sinergico con quelle di gruppo.
In questo senso tutti gli insegnanti devono avere una preparazione pedagogica e una conoscenza della didattica come processo vivo (e non come procedura standardizzata) che passa attraverso l’esperienza dell’apprendimento nella relazione con gli altri.

L’insegnante di sostegno non è quindi uno specialista per tipologie di disabilità ma una figura che svolge un ruolo di mediazione e di facilitazione per tutti gli alunni,

questo vuol dire che co-progettazione,co-programmazione e valutazione  intesa come processo formativo  fanno parte dell’alleanza pedagogica didattica che si deve costruire tra insegnanti (curriculari e di sostegno), tra insegnanti e alunni, tra alunni e tra insegnanti e genitori nella costruzione di un progetto educativo di emancipazione per tutti rispettoso delle differenze.

Attenti a non cadere nella trappola  dell’iperspecializzazione  tecnicistica sia dal punto di vista della standardizzazione applicativa dei metodi (la didattica diventa semplice procedura  e non più processo esperienziale vivo di crescita) che del rischio della
clinicizzazione dello sguardo insegnante che finisce per cercare sintomi e patologie e non più risorse e potenzialità.

Per questo gli insegnanti, tutti, devono appropriarsi della loro identità professionale  che è quella degli operatori pedagogici  e non degli specialisti diagnostici che classificano e creano barriere tra alunni e anche dentro il vissuto degli alunni classificati come dsa o altri bes.

Riprendersi  l’educazione ispirandosi all’opera di figure come Heinrich Pestalozzi, Maria Montessori, Ovide Decroly, LevVygotskiJ, Celestin Freinet,Bruno Ciari, Anton Makarenko e tanti altri per ridare un senso pedagogico al proprio lavoro oggi nella relazione con gli alunni”.

Cosa vuol dire essere un docente inclusivo

di Caterina Grignolo e Paola Lasala

Come ottimizzare il proprio lavoro in funzione dell’inclusione? Come riuscire a personalizzare il lavoro per realizzare il successo  formativo di ogni alunno della classe? Come riuscire a realizzare un’ efficace differenziazione didattica?
Queste sono alcune delle domande che gli insegnanti nei corsi verbalizzano come esigenze a cui è necessario trovare risposta per sentirsi un docente efficace.
Questo ci fa capire la complessità dei gruppi classe all’interno dei quali operano. Agli stessi insegnanti è stato chiesto di descrivere con una metafora la loro classe ed essi hanno  scritto: “ Un caos calmo”;” Esplosività” “ Complessità  in una dimensione positiva”; “Diversità: aria, fuoco, terra,acqua”; “Dirompente diversità”.

Il ricorrere del termine “diversità” pone in evidenza come sia indispensabile per il docente di oggi essere altamente inclusivo.
Ma quali valori determinano il profilo di un docente inclusivo?

Uno dei valori essenziali crediamo sia innanzitutto  considerare  la diversità degli alunni come un dato di fatto: gli esseri umani sono naturalmente “diversi  e diversificati”, quindi riconoscere alla diversità il valore di normalità è assolutamente indispensabile per riuscire a considerarla come una risorsa e una ricchezza. Pensiamo infatti che è inclusivo l’insegnante che considera come normalità la diversità dei modi di apprendere e sfugge all’esigenza di  creare conformità.

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Le parole sono importanti: inserimento, integrazione e inclusione indicano modelli pedagogici diversi

di Giovanni Fioravanti
(questo intervento è uno stralcio del capitolo Chiuso/Aperto ripreso dal recentissimo volume dell’autore “La cultura della scuola”, ed. Armando)

Le parole fanno significato e oggi viviamo in una società in cui le parole a volte finiscono per imbarazzare. Forse perché con la diffusione dei social la parola circola più scritta che orale e si sa, perché ce l’hanno insegnato i latini, che scripta manent mentre verba volant.
Pertanto le parole perdono della loro leggerezza e finiscono per pesare come pietre miliari. Così non si può dire una cosa per un’altra, un pensiero espresso quando sta scritto è difficile da equivocare quanto da dimenticare.

L’uso di certi termini è stato bandito dal nostro lessico sociale, specie quelli espressione di pregiudizi non più tollerabili, ma se sono state bandite le vestigia lessicali restano i loro monumenti nella psiche di tanti nostri simili.

 È il caso delle parole che hanno a che fare con i diritti e con l’esclusione sociale. Razza, sesso, cultura, religione, disabilità sono ancora parole calde, capaci di suscitare emozioni, di far circolare il sangue, di farlo salire al cervello. Suscitano schieramenti, difese ed attacchi. Uomo del mio tempo sei ancora quello della pietra e della fionda, tornerebbe a scrivere Salvatore Quasimodo.

 A proposito di significato delle parole, mi sono trovato a parlare di integrazione e di inclusione come se i due termini fossero equivalenti. Tanto equivalenti poi nel dizionario che ognuno di noi reca con sé non devono esserlo, se la maggioranza dei miei interlocutori dimostrava di optare più per l’integrazione che per l’inclusione, riconoscendo implicitamente che l’inclusione si collocherebbe su un gradino più in alto rispetto all’integrazione.

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In arrivo il Testo unico per la disabilità

“Serve un Testo unico per la disabilità per andare anche verso la ricomposizione delle risorse che definisce e serve per garantire il budget di progetto di vita della persona”: lo ha dichiarato all’ANSA in queste ore la ministra per la disabilità Alessandra Locatelli, parlando a margine dell’inaugurazione del centro Anffas onlus di Borgo Trevi, in provincia di Perugia, che si occupa dell’assistenza di persone e famiglie con disabilità intellettive e relazionali.

La cattedra mista per migliorare i processi di inclusione

di Paolo Fasce

Nel corso degli ultimi cinquant’anni, la storia dell’inclusione scolastica è giunta al sacrosanto risultato di raggiungere tutte le studentesse e gli studenti disabili, anche se nelle scuole secondarie di secondo grado questa storia è certamente più breve. In tutti gli ordini e gradi, formalmente, non ci sono più ostacoli, ma non è del tutto così e ancora molto occorre fare, soprattutto a livello qualitativo. Il primo vero problema dell’inclusione è che questa è diventata “cultura d’istituto”, ma non per formazione e preparazione dal basso. Semplicemente, troppo spesso, si prende atto della situazione e ci si attrezza. La conseguenza, tuttavia, è che ci sono scuole entro le quali questa cultura è assai lontana, come è evidente nell’ambito dei licei scientifici e classici, dove le prestazioni richieste sono ancora molto alte (il tema di quanto le didattiche adottate portino ad apprendimenti duraturi e quanto siano quindi efficaci gli sforzi richiesti ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze occorrerebbe affrontarlo in un capitolo a parte) e i disabili, implicitamente respinti.

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