di Paolo Fasce
Nel corso degli ultimi cinquant’anni, la storia dell’inclusione scolastica è giunta al sacrosanto risultato di raggiungere tutte le studentesse e gli studenti disabili, anche se nelle scuole secondarie di secondo grado questa storia è certamente più breve. In tutti gli ordini e gradi, formalmente, non ci sono più ostacoli, ma non è del tutto così e ancora molto occorre fare, soprattutto a livello qualitativo. Il primo vero problema dell’inclusione è che questa è diventata “cultura d’istituto”, ma non per formazione e preparazione dal basso. Semplicemente, troppo spesso, si prende atto della situazione e ci si attrezza. La conseguenza, tuttavia, è che ci sono scuole entro le quali questa cultura è assai lontana, come è evidente nell’ambito dei licei scientifici e classici, dove le prestazioni richieste sono ancora molto alte (il tema di quanto le didattiche adottate portino ad apprendimenti duraturi e quanto siano quindi efficaci gli sforzi richiesti ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze occorrerebbe affrontarlo in un capitolo a parte) e i disabili, implicitamente respinti.